Di Giulia Marchesini. Ultima relazione? E se non é l’ultima ci siamo quasi … È pazzesco. A volte mi fermo e penso: ma davvero? Davvero sono partita per un anno dall’altra parte del mondo, a fare cose che non avevo mai fatto, a parlare una lingua che non avevo mai parlato, a confrontarmi con una realtà così differente? Poi guardo gli alberi e penso a tutto quello che è stato e a tutto quello che è cambiato e sì, un anno è davvero passato.

Alcuni ricordi sono vividissimi in me e mi sembra ieri il giorno in cui siamo saliti sul primo autobus scassato in direzione Quito dall’aereoporto, il giorno in cui per la prima volta ho visto le montagne ricoperte di verde amazzonico. Mi sembra ieri la prima pioggia e il rumore sul tetto di lamiera del patio, la prima tarantola nell’angolino del murales, la prima notte in Casa Bonuchelli con la zanzariera che mi avvolgeva “stile mummia”. Sono cambiata e mi sento sempre la stessa. Sono io con 15 kg in più sulle spalle, ma peso leggero perché pieno di esperienze vissute, persone, luoghi, insegnamenti.

Insegnamento 1: prendersi cura. Prendersi cura in senso lato. Degli altri ma prima di sé stessi. Per dare bisogna stare bene e accumulare energia positiva per riversarla sugli altri e quello che dai poi ti sarà restituito 100 volte di piú, entrando in un circolo di positivitá interminabile e sempre più grande. Ho imparato a prendermi cura di me, ad avere la consapevolezza di quello che voglio fare, di quello che posso o non posso fare e di quello che mi fa stare bene. Ho imparato a prendermi i miei spazi e a stare bene con ciò che mi circonda. Ho imparato a lasciare andare, ad ascoltare gli altri nel momento giusto ma anche a fare le mie scelte in autonomia. Ho imparato a prendermi cura degli altri. Non avevo mai avuto a che fare con dei bambini, se non facendo la baby sitter … ma questa decisamente è un’altra storia. Non ho nessuna base da educatrice, probabilmente il modo in cui mi comporto con loro non é nemmeno consono o corretto … però penso che qualcosa sia passato. Vedo i loro occhi e i loro sorrisi e non li vorrei mai più lasciare. E dall’altra ho il terrore di dimenticarli troppo in fretta.

Insegnamento 2: rendersi conto della fortuna di non essere soli e allo stesso tempo imparare ad esserlo. Penso ai nostri bambini e alla fortuna di non essere cresciuta come loro. Penso non solo ai nostri bambini ma alla maggior parte dei bambini del Tena e di mezzo mondo, che per tornare a casa da scuola ogni giorno devono farsi ore camminando sotto il sole, che quando arrivano stanchi non hanno nessuno che gli chiede l’odiatissima frase “com’è andata”, che non hanno nessuno che gli prepara il pranzo o nessuno che gli racconta la storia della buonanotte. Bambini che non hanno nessuno che li aiuta a fare i compiti, nessuno che li accompagna ai corsi di danza, nessuno che li porta in vacanza e, al di là delle singole cose materiali, nessuno che li ama e, tornando al punto 1, nessuno che si prenda cura di loro. E di conseguenza anche da adulti, essere abituati a non avere nessuno su cui contare. Sono un orso per natura e sono stata educata, non so come e forse involontariamente dai miei genitori, ad arrangiarmi. E sempre prima di chiedere aiuto preferisco mangiare polvere. Qui ho imparato, ancora in maniera lieve, a farlo. Soprattutto trovandosi con gente che non ti conosce all’inizio bisogna fare passi che io non ero abituata a fare. Riuscire a chiedere un abbraccio per me è stato un traguardo enorme, e rendersi conto di avere sempre intorno qualcuno pronto a dartelo è altrettanto magnifico. Ho imparato anche a gestire amori a 10mila km di distanza, altro traguardo e altra fortuna: poter sempre parlare con qualcuno che è lì pronto ad ascoltarti e che vive, sebbene in differita, le tue giornate, e che prova a capire. Una statua a quell’uomo che ancora mi aspetta.

Insegnamento 3: imparare ad arrangiarsi. Ora si aprono nuove strade. Strade e possibilità che prima neanche erano nella mia immaginazione. Ho voglia di tornare a fare l’architetto, di andare in cantiere a sporcarmi le mani e a imparare sul campo, di stare al computer ore e ore a disegnare cose bellissime. Ho voglia di insegnare e infilarmi ancora una volta nelle relazioni tra persone, di diventare il riferimento per qualcuno, come per me lo sono stati alcuni miei maestri e professori. Ho voglia di imparare cose nuove, di usare le mani per costruire. Ho voglia di lanciarmi in nuovi mondi, nuove esperienze e nuove situazioni che mi possano stupire e dove io possa dare il mio contributo. Avrei voglia ancora di ripartire. Avrei voglia di fare l’architetto lontano, in luoghi dove non ci sono architetti, dove aspettano solo te. Ho voglia però anche di fermarmi, di dedicare tempo a quelle persone che non mi hanno mai lasciata sola, di condividere e di apprezzare tutto quello che ho, senza dover scappare un’altra volta per rendermi conto solo da distante delle mie fortune: ora ne sono ben consapevole.

Mi auguro, che con il tempo, si crei lo spazio per ogni cosa. Il tempo, le occasioni, il destino, le persone intorno a me e le mie scelte segneranno la nuova strada. Ho paura e allo stesso tempo ne sono elettrizzata. Vorrei restare qui per sempre e allo stesso tempo mi rendo conto che la mia “missione” sta terminando, che quello che ho fatto inizia a sedimentare, che avrei potuto fare molto di più ma che ormai il tempo è passato. Per me quest’anno è davvero stato un anno di possibilità, di occasioni e ringrazio voi per avermi permesso di vivere quest’esperienza.