Di Annalisa Sisto. Lavorare in una scuola pubblica per bambini con necessità affettive ha tanto da insegnare. Una scuola pubblica nella selva è un diamante prezioso che sogna persino un bimbo della nostra società.

Qui a “Sonando” non basta aprire il libro a “oja” 50 perché spesso il libro loro non ce l’hanno e magari non interessa aprirlo. Quello che conta qui (come in un qualsiasi altro luogo del mondo) è con chi lo apro il libro e perché. Imparare ad ascoltare l’altro, a rispettarlo, a non avere paura delle minacce, a fidarsi, a non doversi difendere necessariamente con la prevaricazione, a dare lo stesso valore delle ore di matematica alle emozioni, a valorizzare il buono, a non discernere tra bambina e bambino.

Queste sono state le nostre battaglie quotidiane a Sonando. Tutto il resto ce l’hanno donato incondizionatamente i bambini, e si sa che in questo sono dei veri aiutanti. La capacità di sorridere nonostante le avversità della loro quotidianità, la loro capacità di ritornare a scuola felici anche se la sera a casa è un inferno, quando la casa c’è.

Cosa potevamo pretendere da questi bambini? Questo me lo sono sempre chiesta. Il rispetto, la fiducia, ecco alcune delle risposte. Ma quando ricevi amore, nonostante tutto il resto, ti senti responsabile moralmente di ogni singolo gesto e parola, e la forza da avere deve valere per te e loro insieme.

E questo non sempre è facile e, a volte, rischi di perdere il centro, di sviare, di avere bisogno di un appoggio, un riconoscimento. Dimenticando il centro, la generosità incondizionata di un abbraccio di Miguel, di un sorriso di Karla, di un entusiasmo di Enriquez, della bontà di una Mayerly, del cuore grande di Pedro ma anche delle ferite di Emily, della rabbia di Iariel, delle “mentiras” (bugie) di Kelvin. E sono sempre loro, come mi ha insegnato un compagno del servizio civile, ha ricaricarti di quell’energia meravigliosa che la vita ci regala e che è pronta per essere presa, se vista ed ascoltata. E tutti bambini questo già lo sanno, da sempre.