Avevamo immaginato di tutto per questo 2020, tranne che una pandemia. L’anno, per noi volontari ENGIM del Servizio Civile Universale all’estero, era iniziato con grandi aspettative. Aspiravamo ad un’esperienza unica, di quelle che ti cambiano la vita: un anno immersi in un’altra cultura con l’obiettivo di aiutare sì, ma soprattutto di ricevere e imparare dagli altri.
A marzo, a pochi giorni dalla partenza, gran parte del mondo si chiude in casa e l’entusiasmo lascia posto ad emozioni di tristezza, incredulità, impotenza ma anche speranza senza la quale non sarei qui a scrivere.
Dopo mesi di attesa e giornate passate tra notizie, statistiche e formazione generale sul Servizio Civile  Universale, il 5 novembre, esattamente un anno dopo i primi colloqui di selezione, partiamo.
Partiamo dopo tante rinunce e con nuove condizioni, ma sentendoci i giovani più fortunati al mondo. Siamo tra i pochi che ce l’hanno fatta e siamo grati a tutti coloro che lo hanno reso possibile. Consapevoli di questo, come un mantra che ripetiamo ogni giorno, iniziamo il nostro anno da operatori volontari, inseriti nei nostri progetti.

I Volontari del Servizio Civile Universale ENGiM, Ecuador, Novembre 2020.

Siamo a Tena, capoluogo della Provincia del Napo in Ecuador. Tra i vari progetti esistenti e che attendevano l’arrivo dei volontari, qui verrà approfondito quello di Wasi Pani, casa di accoglienza per donne vittime di violenza e i loro figli con la quale ENGiM collabora sin dalla sua fondazione nel 2018. Wasi Pani significa Casa Amica in kichwa, lingua nativa del Sud America e si prefigge come obiettivo ultimo quello di restituire alla vittima i propri diritti e di vedersi rispettata nella sua dignità e integrità fisica, psichica, morale e sessuale mediante un approccio interdisciplinare che sostenga la donna e i suoi figli a sviluppare progetti di vita in maniera autonoma, indipendente e libera dalla violenza.

Qualche dato

Secondo la inchiesta ENVIGMU (Encuesta Nacional sobre Relaciones Familiares y Violencia de Género contra las Mujeres, 2019) in Ecuador 65 donne su 100 di età maggiore di 15 anni hanno sperimentato almeno un episodio di violenza durante la propria vita: 6 donne su 10 sono state vittime di violenza psicologica,  4 donne su 10  di violenza fisica, 1 su 4 di violenza sessuale e 1 su 6 di violenza patrimoniale.
Nella provincia del Napo l’indice di violenza è ancora più elevato: il 77% delle donne ha vissuto almeno un episodio di violenza. Di queste, il 59% ha riconosciuto come aggressore il proprio partner e il 49% delle vittime di abuso sessuale ha identificato come abusante un familiare stretto (fratello, padre o patrigno).
Aleida Alvarado, coordinatrice della casa di accoglienza Wasi Pani, ipotizza che durante la pandemia i casi di violenza siano aumentati: si è passato molto tempo in famiglia, luogo dove si registra il numero più elevato di violenze di genere, senza la possibilità di uscire a cercare aiuto, sono peggiorate le condizioni di povertà ed è aumentato il senso di impotenza e lo stress. Le istituzioni stesse di ascolto alle vittime, hanno sospeso le loro attività offrendo supporto solo tramite internet, mezzo che per molti non è accessibile, sia per questioni economiche che per la paura di un controllo da parte dell’aggressore. Nella stessa Wasi Pani, il piano di sicurezza del governo per affrontare l’emergenza da coronavirus prevedeva l’interruzione del lavoro. Ciò nonostante, la coordinatrice ha continuato ad offrire il proprio appoggio agli abitanti della casa, notando un aumento consistente di sentimenti di ansia e depressione: per queste donne e bambini, l’angoscia generata dalla pandemia e dal confinamento si sovrappone e si concatena al trauma precedente, quello che li ha condotti nella casa. Come testimonia Maria P. (nome protetto), abitante della casa da un anno, “nel giro di pochi giorni, ci siamo ritrovati senza scuola e senza le attività formative e sostegno psicologico e sociale offerto dai volontari ENGiM, subito rimpatriati. È stato traumatico perdere l’appoggio e l’amicizia di quelli che per noi erano diventati compagni, sorelle e fratelli”.

Scorcio della casa di accoglienza Wasi Pani.

Le cause del fenomeno e l’operato di ENGiM

Il fenomeno della violenza di genere è causato da diversi fattori interconnessi tra di loro e riassumibili in culturali, comunitari ed istituzionali, familiari ed individuali. Secondo Aleida Alvarado il fattore principale è riscontrabile nella disuguaglianza di genere originata da un sistema patriarcale che denigra la femminilità. La cultura machista, caratterizzata da stereotipi di genere che si tramandano di generazione in generazione, mantiene lo status quo e influenza direttamente l’emancipazione femminile: il 58% delle donne che si autodeterminano come indigene nella provincia del Napo crede che una buona sposa debba obbedire all’uomo in tutto quello che ordina, il che implica anche lasciare il lavoro e gli studi, principali luoghi di istruzione ed emancipazione. A rafforzare questo concetto, basti pensare che il 37% delle adolescenti tra i 15 ed i 19 anni ha o ha già avuto una gravidanza almeno una volta e che il 71% delle donne indigene ritiene che i lavori di casa e la cura di figli e di malati debbano essere di loro esclusiva responsabilità (Encuesta de Violencia contra las Mujeres, 2019).

Aleida Alvarado, psicologa e coordinatrice della casa di accoglienza Wasi Pani.

Sul piano istituzionale, luoghi come scuola, centri di salute e polizia nonostante siano a conoscenza di questo fenomeno e delle sue origini e nonostante possiedano tutti i protocolli necessari a trattare casi di violenza di genere, non sono convinti della necessità e dell’importanza di tali protocolli. L’insensibilità del personale istituzionale, degenera in una seconda vittimizzazione che induce la donna a sentirsi in colpa per il fatto di aver chiesto aiuto o per aver fatto valere un suo diritto.
A tal proposito ENGiM svolge sessioni formative volte a sensibilizzare e istruire le comunità e le istituzioni riguardo a tematiche di violenza di genere, salute sessuale e riproduttiva, molestie sessuali sul posto di lavoro e concetti quali femminismo, machismo, abuso e consenso.
Gli incontri sono tenuti da Samay Shutt, responsabile di Casa Bonuchelli, progetto sociale creato nel 2007 dalla Congregazione dei Padri Giuseppini del Murialdo che ha attualmente in attivo, tra i vari programmi, quello di inclusione sociale di donne vittime di violenza. Nel tempo i beneficiari sono stati molti: uomini e donne, giovani e adulti delle comunità indigene, personale tecnico istituzionale e ministeriale e lavoratori del settore mediatico quali reporter di radio e televisione, editorialisti e giornalisti. Le sessioni si svolgono in presenza così da favorire una partecipazione attiva, combinando una parte teorica con una esperienziale. Per quanto riguarda i risultati, “al termine della formazione i feedback sono sempre positivi e i beneficiari sollecitano un lavoro più approfondito, il che lascia intendere efficacia ed interesse verso le tematiche affrontate. Tuttavia il lavoro da fare è ancora molto: produrre un cambiamento di questo tipo nelle coscienze e nei comportamenti delle persone richiede un’azione su più livelli che vanno dalla famiglia, al posto di lavoro, alla comunità. Solo così si potrà produrre un cambiamento che sia anche culturale” queste le parole di Samay Shutt.

Samay Shutt durante una sessione di formazione in una comunità indigena.

Wasi Pani in collaborazione con ENGiM

La casa di Accoglienza Wasi Pani opera seguendo un modello di attenzione integrale per le case di accoglienza elaborato dal Dipartimento Nazionale di Violenza di Genere, il cui obiettivo è quello di offrire strumenti utili per il personale delle case di accoglienza e sistematizzare le risposte professionali da adottare nei casi di vittime di violenza intrafamiliare o sessuale.
Tra le linee guide fornite risulta essenziale, affinché la donna possa uscire come donna autonoma, indipendente e libera dalla violenza, l’approccio interdisciplinare: la compresenza di varie professioni consente di abbracciare ed affrontare la complessità della violenza e fornire un supporto integrale capace di toccare ogni aspetto della vita della donna e dei suoi figli. Per questa ragione, una casa di accoglienza dovrebbe avere al suo interno professionisti nei settori di assistenza sociale, psicologia, assistenza legale ed educazione. Tuttavia, come dichiara la coordinatrice Aleida Alvarado, non è stato previsto un budget per il personale tecnico: le istituzioni competenti non hanno stanziato fondi e la casa di accoglienza Wasi Pani non riceve sufficienti introiti per assumere personale qualificato nei settori necessari.
Per tale ragione risulta indispensabile la collaborazione con ENGiM che, attraverso l’operato dei volontari, offre supporto scolastico, supporto psicologico e realizza laboratori creativi e formativi sia come momento di rilassamento che come opportunità di sviluppare competenze nuove e di costruire una rete sociale intorno alla donna che possa essere di sostegno al termine del suo percorso dentro la casa.
A un mese dall’arrivo di 3 volontari, a Wasi Pani sono riprese le attività. La parte psicologica, sotto la guida e la supervisione della coordinatrice della casa e grazie ad una presenza quotidiana a stretto contatto con tutti gli abitanti della casa, ha ripreso la sua attività di ascolto individuale e contenimento di momenti di crisi, nonché riunioni di convivenza nelle quali far emergere criticità e costruire relazioni positive interne alla casa che possano essere un appoggio anche nel momento dell’uscita. A causa della situazione da coronavirus, le scuole in Ecuador non hanno riaperto e bambini ed adolescenti hanno la possibilità di studiare solo attraverso il computer, con tutte le difficoltà date dal mezzo e svolgendo compiti da consegnare al termine della settimana. Ora più che mai, il ruolo dei volontari ENGIM è fondamentale per poter supportare i giovani nell’apprendimento scolastico.

Volontari ENGiM durante l’attività di supporto scolastico.

Infine sono stati avviati i laboratori ricreativi e formativi di artigianato e di cura dell’orto di Casa Bonuchelli. A fine novembre 2020 sono stati venduti dei rosari prodotti dalle donne della casa Wasi Pani insieme ai volontari ENGiM, un lavoro nuovo ed intenso il cui ricavato è andato direttamente alla casa di accoglienza per l’acquisto di cibo e altre utilità.

Donne della casa di accoglienza e volontarie ENGiM durante la realizzazione di rosari, per i quali sono stati utilizzati semi della flora locale e croci fatte a mano con un filo.

Conclusioni

Da quando io e i miei compagni di Servizio Civile siamo arrivati qui a Tena, abbiamo ricevuto così tanti ringraziamenti da parte dei lavoratori e dei beneficiari dei progetti da farci capire quanto l’arrivo di ENGiM fosse necessario, sperato e atteso. Non senza qualche imbarazzo e timore di non poter corrispondere alle aspettative riposte, noi volontari abbiamo iniziato carichi di entusiasmo questa incredibile esperienza. E già a distanza di un mese, siamo noi a ringraziare non solo per l’accoglienza ma per il forte impatto con la realtà, la competenza e la fiducia che riponete in noi.