di Salvatore Pampinella. È da due mesi che ho iniziato le attività del progetto legate alla gestione dell’acqua ed ormai mi sono reso conto che lavorare nelle comunità Kichwa non significa limitarsi allo svolgimento di un freddo lavoro tecnico cadenzato da un cronoprogramma ben definito. Richiede, invece, un’immersione a tutto tondo nello stile di vita degli abitanti delle comunità e nei ritmi di lavoro imposti anche dal clima imprevedibile della regione amazzonica ecuadoriana che da un momento all’altro può sorprenderti con un temporale improvviso.
Al momento il progetto si sta svolgendo su due comunità, Lushianta e Huamaurcu, legate dalle medesime affinità culturali ma caratterizzate ciascuna dalle proprie problematiche e peculiarità, connesse soprattutto alla loro conformazione topografica ed al loro livello di sviluppo sociale ed infrastrutturale.
In ciascuna comunità lo stato di avanzamento del progetto è in una fase differente per cui le attività da svolgere sono diverse, ciascuna legata a differenti persone, paesaggi, suoni che fanno da cornice a questa storia.

È uno dei primi giorni di lavoro per me e Flavia nella comunità di Lushianta, siamo entrambi un po’ spaesati e ci ritroviamo catapultati in questo mondo a noi sconosciuto delle comunità Kichwa.
Mentre aiutiamo nella posa in opera delle ultime linee di distribuzione idrica, un temporale sopraggiunge improvviso ed in poco tempo il terreno diventa inagibile.
Siamo quindi costretti a fermarci ed a trovare riparo sotto la tettoia in lamiera di una casa vicina da cui esce, inconfondibile, il suono di una cumbia tradizionale.
Eliceo, tecnico Kichwa che lavora per Engim, cerca di metterci a nostro agio parlandoci dei soprannomi dei Mingueros, ovvero i lavoratori della minga lì presenti. La minga è una forma di lavoro comunitario in cui i rappresentanti delle famiglie sono coinvolti per la realizzazione di opere a servizio della comunità, come la costruzione del sistema idrico.
Eliceo ci spiega che nelle comunità quasi tutti hanno un soprannome, un cosiddetto apodo, spesso in lingua Kichwa, legato a qualche episodio per lo più imbarazzante.
Mentre bevono Chicha, bevanda tipica ricavata dalla fermentazione della Yuca, si prendono in giro tra di loro raccontandoci gli aneddoti che si celano dietro ai loro soprannomi, ma lo fanno con leggerezza e goliardia, senza apparente rabbia o rancore.
Tra le risate generali, la pioggia cessa ed i caldi raggi di sole, che penetrano dalla coltre di nubi, ci ricordano che è tempo di finire di montare le ultime valvole necessarie a completare il sistema di distribuzione idrica.
Ormai manca solo l’installazione del serbatoio, della pompa per il prelievo dell’acqua e del dosatore per il cloro, dopodiché la rete idrica potrà finalmente essere collaudata e messa in funzione.

Dato che il sistema è quasi pronto, è tempo di indire le assemblee per la nomina della giunta dell’acqua; infatti, dal momento in cui l’acquedotto sarà completato e collaudato, previa autorizzazione del ministero dell’ambiente, sarà la comunità stessa ad essere proprietaria del sistema idrico. Questo significa che nessuno al di fuori della comunità potrà reclamare alcun diritto di proprietà del sistema e pertanto chiedere un compenso in denaro per il suo utilizzo.
Dopo aver letto e chiarito il regolamento, la comunità vota la giunta dell’acqua che si occuperà della gestione del sistema. Questa sarà composta da un presidente, due tecnici, un tesoriere, un segretario ed altri membri sostitutivi. Di comune accordo con i membri della comunità, si decide di eleggere due rappresentati della giunta per ciascun barrio e che questa sarà composta in egual misura da uomini e donne.
I compiti principali della giunta saranno di raccogliere i soldi della tariffa per l’uso dell’acqua, intervenire nel caso di guasti o manutenzione del sistema, acquistare i pezzi di ricambio per le riparazioni ed applicare le sanzioni nel caso del mancato rispetto del regolamento. Tutti i soldi provenienti dal pagamento della tariffa resteranno all’interno della comunità e serviranno per permettere il corretto mantenimento del sistema e pagare il personale incaricato della giunta. Una volta ricevuta l’accettazione da parte del ministero dell’ambiente il sistema apparterrà alla comunità e saranno loro a usufruirne ma anche a doverlo gestire correttamente.
Mentre raccogliamo le ultime firme per la formalizzazione della votazione, la kuraka (presidentessa della comunità), comincia a montare il mixer e le casse per dare avvio alla festa da ballo per l’elezione della giunta dell’acqua. Anche io e Flavia siamo invitati a partecipare ai balli, ma bisogna andare a Huamaurcu per la pulizia del sistema idrico, per cui con gentilezza decliniamo l’invito.

Nella comunità di Huamaurcu (Wamak Urku = monte del bambù, in lingua Kichwa), il sistema di captazione e distribuzione di acqua potabile è già in funzione da diversi mesi, ma è necessario effettuare il lavaggio periodico dei serbatoi e delle tubature.
Essendo il primo intervento di pulizia da quando il sistema è in funzione, io, Flavia e Andrea, ci rechiamo nella comunità per guidare ed assistere Natalia e Lucia, le tecniche incaricate per lo svolgimento della manutenzione.
Il lavoro consiste nel pulire le cisterne e versare una soluzione ad alta concentrazione di cloro nei serbatoi, così da disinfettare gli stessi e tutte le tubature connesse al sistema.
La comunità è già stata avvisata dei lavori di manutenzione, pertanto gli abitanti sanno che per quelle ore non potranno utilizzare l’acqua di rete perché troppo ricca di cloro.
Passate le quattro ore necessarie affinché la disinfezione abbia effetto, io e Flavia andiamo per le case della comunità ad aprire i rubinetti per controllare se il trattamento ha funzionato.
Il sole sta calando e mentre andiamo per le case le persone incuriosite ci tempestano di domande per capire chi siamo, da che paese veniamo, cosa ci porta nella loro comunità, quali sono i nostri legami affettivi. Complice qualche sorso di trago (bevanda a forte gradazione alcolica), domande e risate si accavallano e nella confusione generale, alimentata dal nostro spagnolo italico e dalla loro parlata “masticata” tipicamente Kichwa, ci sono evidenti problemi di comunicazione. Ciò che risulta chiaro, è che sono contenti del sistema idrico, ci dicono che sono soddisfatti e che sta migliorando le loro vite, adesso l’acqua arriva con regolarità nelle loro case, senza bisogno di andare con i bidoni fino alla fonte distante diverse centinaia di metri.
Io e Flavia ci guardiamo soddisfatti e li ringraziamo, mentre Andrea, dopo aver finito il suo giro di verifica, ci viene a prendere con la camioneta.
L’indomani dovremo tornare a Huamaurcu per lavorare su un’altra parte del progetto: l’installazione dei biodigestori, ovvero dei sistemi di trattamento anaerobico delle acque di scarico dei bagni, che permettono di salvaguardare la falda acquifera ed i vicini torrenti dalla contaminazione di agenti patogeni derivanti dalle acque nere.
Sono composti da due sacche di geomembrana collegate in serie, dimensionate per garantire un tempo di detenzione idrica tale da permettere lo sviluppo delle colonie batteriche anaerobiche, che degradano il substrato organico presente nei reflui.
All’uscita dei digestori si realizza una fossa foderata con una membrana impermeabile e riempita di materiale a granulometria variabile in cui verranno messe a dimora diverse specie di piante che, assimilando i composti azotati presenti nell’acqua residuale, svolgono un trattamento naturale di fitodepurazione dell’acqua.
Jaime, docente della università locale Ikiam, e collaboratore del progetto, ci spiega come si montano i biodigestori. Per assemblarle più facilmente, c’è bisogno che le geomembrane siano abbastanza malleabili, per cui bisogna lavorare sotto il cocente sole equatoriale.
Una volta imparato bene il procedimento, io, Flavia, Andrea ed Eliceo, ci mettiamo all’opera come una efficiente catena di montaggio ed in una mattinata riusciamo ad assemblarne un buon numero.
Siamo sudati, accaldati e stanchi, ma anche molto soddisfatti del lavoro svolto che però è ancora lungo.
Infatti, bisogna montarne un numero adeguato a servire tutte le case del piccolo barrio San Cristobal.
Dopo diverse settimane di lavoro, ormai siamo entrati in confidenza con gli abitanti del barrio. Il signor Domingo ci accoglie come sempre con un sorriso gentile. Mentre osserva incuriosito i lavori, ci parla della sua famiglia, dei prodotti del suo terreno, del suo ricchissimo albero di papaya di cui va molto fiero, ma anche dei cambiamenti climatici che sta osservando nel tempo, di come la stagione secca si stia allungando, causando preoccupazioni per l’approvvigionamento idrico.
Un’altra presenza fissa durante il nostro lavoro è Remigio, figlio del Signor Domingo, il quale ha accolto con entusiasmo il progetto dei biodigestori e spontaneamente ci aiuta nel lavoro, ponendo domande per apprendere il più possibile ed esponendo le sue idee durante la loro realizzazione. Ormai il sistema è installato e funzionante nella sua casa, ma ci accompagna con piacere nelle case dei suoi fratelli Tarcisio, Fabio, Inés ed Eliceo per aiutarci a completare i lavori insieme a loro.

Giunta l’ora di pranzo, stanchi ed affamati, raccogliamo e puliamo tutti gli attrezzi, quando, il Signor Domingo, ci chiede gentilmente se possiamo accompagnare sua nipotina Brisa a Casa Bonuchelli, dove seguirà le attività del progetto educativo con le nostre compagne volontarie. Timidamente la piccola Brisa sale in macchina e si può partire per tornare a casa.
Oggi è una giornata tersa e dalle alture di Huamaurcu svetta, nitida, l’imponente sagoma del vulcano Sumaco; con il pickup discendiamo la strada dissestata, lasciandoci alle spalle i pendenti nidi di oropendule che abitano i rami della foresta attorno la comunità.

Giunti a Casa Bonuchelli, Brisa sorride alla vista di Emma, Maddalena e Orsiola che la aspettano insieme agli altri bambini della comunità per iniziare le loro attività educative. Io, Flavia, Andrea ed Eliceo scarichiamo la camioneta, ci puliamo le botas (stivali di gomma) infangate e riponiamo tutti gli attrezzi nel magazzino di casa.

Nella cucina incontriamo Chiara e Cristina appena rientrate dal vivaio. Ridiamo alla vista delle nostre facce sudate e dei nostri vestiti infangati e ci raccontiamo delle attività svolte durante la giornata. È venerdì, metto su un po’ di musica, è tempo di mettere alle spalle le attività del nostro progetto e programmare cosa fare per il fine settimana.